Di musica suonata, scritta, prodotta, con Andrea Capò.
Fondatore nel 1996 di RA Records, membro in passato tra le diverse band in cui ha militato di Flopdown, Tmd, Razzapparte e Dilution, oggi batterista dei Neid, è autore della fanzine Play Fast Or Die (2004 / 2008 d.i.y.) e dei libri Viterbo Hardcore, il Disertore, Schegge di rumore – storie di hardcore italiano negli anni ’90 e Killed by Noise – Frammenti di Grindcore in Italia.
Andrea, la tua RA Records sta per compiere 30 anni. Per ognuna delle tre decadi che ha attraversato, cristallizzi un ricordo e un disco pubblicato che la rappresenti?
Ciao Vale ed innanzitutto grazie per il supporto! Ottima memoria; RA Records muove i suoi primi passi nella primavera del 1996 indi si, fra qualche mese saranno sei lustri esatti! Bella domanda; escludendo i dischi dei miei personali progetti (Flopdown, Tmd, Neid) della 1° decade direi le produzioni legate ai liguri Kafka & Downright, iconiche band la cui amicizia dell’epoca fu cementata da molteplici tour/concerti. Della 2° probabilmente la continuazione del discorso militante hc italiano attraverso le uscite dei fratelli Contrasto, Affluente & Ludd (a cui aggiungerei i seminali crusters DPG!) mentre nel 3°- dove RA si spostò in ambienti sempre d.i.y. punk ma più legati al sottogenere Grindcore – sicuramente le collaborazioni con Bestial Vomit & Agathocles, a coronamento di un percorso di estremizzazione sonoro mai realmente terminato.
Avere un’etichetta: questa espressione cosa significa oggi e cosa significava quando hai iniziato?
Il motivo d’esistenza di piccole label d.i.y. come RA Records per me è rimasto intatto dagli esordi: iniziai (auto)producendo – con altri sodali fiancheggiatori – prima le mie band, poi quelle di amici/conoscenti, facendole girare attraverso scambi/vendite soprattutto ai concerti dei suddetti gruppi (arrivando poi a ben 65 uscite!), mettendo su un’embrionale distro e cosi via a giro… da 29 anni a questa parte, senza profitto (NB: un lavoro del cazzo ce l’ho già!) perché sul punk-hardcore non si abbia da lucrare mai.
C’è stato qualche momento di defaillance o difficoltà? Quali sono state le motivazioni (ma anche le persone!) che ti hanno spinto a non abbandonare il progetto?
Gli unici momenti di pausa/riflessione furono nel 2006, anno dello scioglimento dei Tmd, he mi costrinse a rivedere qualche uscita, tipo la Compilation hc old school per il 10nnale RA Records (che alla fine non uscì mai) ed ovviamente nel 2020, causa pandemia da coronavirus! Le motivazioni principali son rimaste quelle di supportare la scena autoprodotta dal basso, ed i Neid -la mia famiglia da quasi 20 anni- han rappresentato un bello sprono da questo punto di vista.
Oltre all’etichetta, fai musica da dietro le pelli: qual è stato il primo concerto in cui ti sei esibito? E il contesto in cui ti piacerebbe portare i tuoi Neid?
Il mio primissimo concerto fu con gli SKZ, adolescenziale & senza pretese cover-band Metallica/Megadeth, con cui esordii in una sala parrocchiale del Murialdo, mio quartiere natio sito in Viterbo. Era il 1992 ed ero ancora minorenne! Il contesto/dimensione attuale dei Neid -sia europeo che extraeuropeo- è quello di club/locali, ma anche squat all’occorrenza e festival estremi medio/grandi. Ad oggi quasi 500 concerti dislocati fra America ed Europa passando per l’Asia. Ti potrei dire che gradirei un contratto Metalblade o Relapse con partecipazioni a Brutal Assault & Maryland Death Fest (ma va benissimo anche così!).
Di musica hai anche scritto, in formato fanzine, con Play Fast Or Die e libro – Viterbo Hardcore, il Disertore, Schegge di rumore – storie di hardcore italiano negli anni ’90 e in ultimo Killed By Noise – Frammenti di Grindcore in Italia -: come sono nati questi volumi? Quanto è importante, soprattutto nell’underground dove la narrazione non sempre è tracciata ma viaggia su una memoria collettiva non scritta (soprattutto quella legata agli anni che furono, lontani dall’epoca del digitale), preservarla nero su bianco, creare una sorta di archivio storico cartaceo?
Disertore a parte, che fu un esperimento stilistico di generi sempre amati dal sottoscritto (noir, spy story, thriller), nacque tutto con Viterbo Hardcore nel 2012, che fu buttato giù grazie a molteplici persone che qui nella Tuscia cominciarono a chiedermi “Perché non si sa nulla di quel concerto lì? Perché non si conosce quel posto là? Etc etc..!” Nacque quindi da parte mia, dunque, l’esigenza di metter per iscritto le gesta di una piccola scena, quella etrusca, altrimenti riconducibile solo a flyer, manifesti e racconti orali,
Sedendoti dalla parte del lettore, ci sono libri a tema musicale – non per forza legati all’Italia – che hai amato e ti hanno ispirato?
Nonostante sia una band che seguii blandamente giusto da adolescente, ho trovato il libro dei Nofx Una vasca per cesso & altre storie inaspettatamente notevole. Non la solita bio scontata da gruppo già affermato, ma una lucida ed incredibile retrospettiva umana che davvero, da quei quattro fattoni non ti saresti aspettato mai!
Pubblicata, suonata, organizzata, raccontata…sei da sempre dentro fino al collo al mondo dei generi e sottogeneri più pesanti e di nicchia dell’undeground: come si è evoluta la loro vita in termini di band che propongono queste sonorità, numero dei posti dove si può suonare, rete di condivisione/relazione, attenzione del pubblico… ma anche di pregiudizio nell’ascolto e nella sua considerazione?
Bah io la vedo come un’evoluzione buona; ricordo negli anni ‘90 a Roma (la scena che più ho frequentato per mere ragioni geografiche) concerti molto settari. Alle serate Deathmetal trovavi solo metallari, a quelle grindabbestia solo crustoni, a quelle new school hc solo sxe etc.. ora invece vedo più eterogeneità, nonostante l’aumento di sottogeneri estremi come il Brutal Slam o il Porno Gore. Vedo anche pubblico più esigente, selezionato (seppur spesso solo per moda, portafoglio o emulazione) e trasversale. Questo anche grazie alle smodate proposte date dall’aumento di eventi e posti (purtroppo per lo più legali, a scapito di squat o Csoa..).
Se dovessi scegliere solo tre persone in cui sei inciampato durante questo trentennio di full immersion musicale e a cui ti sei affezionato, persone che consideri punti fermi, da stimare e con cui collaborare, chi nomineresti?
Difficile fare una scrematura esatta dei tantissimi compagni di quella che era/è/(e speriamo sarà) la grande Famiglia della scena hc di cui ho scelto di far parte. Posti & situazioni con cui mi son maggiormente legato negli anni -per collaborazioni, amicizie & concerti- son sicuramente le crew di Alessandria, Cagliari, Padova, Modena, Perugia, Firenze, Roma, Paliano, nonché quelle di tarantino, fanese, salernitano & bergamasco. Sicuramente, fra i tanti, citerei i miei fratelli Max Contrasto, Frankie Affluente & Pompeo Badfeelings, persone conosciute grazie alla nostra comune passione, ma con cui negli anni s’è costruito un rapporto d’amicizia vero e proprio, grazie anche al ricambiato e rispettivo supporto alle nostre comuni band, mai fermatosi in questi decenni. Nonché parte della mia Family allargata costituita da Renato (con me co-fondatore Neid ed insieme anche nel progetto hc new school Manifold -1996/2001-) Angioletto ed ora anche Fabrizio, soci che porterei volentieri in tournè con me per altri 30 anni ancora!
Dell’underground di oggi, cosa ti piace e cosa non ti piace – parlo di dinamiche, non solo di band/dischi -?
Non mi piace la deriva da dinamica commercial-stilistica di alcuni sottogeneri (su tutti streetpunk & oi) perché quasi svuotata di qualsiasi contenuto legato all’autoproduzione. Mi piace invece, in una società -quella italiana- sempre più collusa a USA/UE ovvero militarizzata, sionista & atlantista, il discreto ma incoraggiante ricambio generazionale attorno a posti politicizzati storici, quei pochi rimasti, soprattutto nelle aree metropolitane più grandi come Milano, Torino & Roma.
Un consiglio non richiesto per i ventenni di oggi che scoprono l’underground e che come te vogliono costruire qualcosa che duri e unisca persone con la stessa passione?
Di esser sempre se stessi, e di lasciar a casa personalismi e voglia di business, perché il punk-hardcore d.i.y. è tutt’altra attitudine!
E tu, se avessi vent’anni oggi, ti butteresti in questo mondo come facesti al tempo?
Credo proprio di sì, magari con molta meno fatica, dati i vantaggi che te tecnologie legate ai social hanno apportato alla scena, dove è tutto a portata di clic. A riguardo ricordo ancora con divertita tenerezza la prima data fatta all’estero (coi Tmd nel 1997 all’Ekh Squat di Vienna), concerto organizzato via fax prima e da una cabina telefonica austriaca che andava a scellini poi! Di nuovo grazie per lo spazio concesso. Ci si vede nel Pit. \m/

